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AGNELLO
ALLA BOLIVIANA |
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Quando si rimane per diversi giorni in un campo base oltre i 4.000 metri, bloccati per svariate ore all'interno della tenda mentre fuori nevica, mangiando pappette riscaldate a malapena.... beh, forse si rimpiange un po' di non essere andati in vacanza a Rimini!
In realtà chi si spinge in questi angoli sperduti del mondo è ben consapevole che spesso serve molto spirito di sacrificio; tutto questo viene ricompensato dalle sensazioni che si provano ad essere in così stretto contatto con la natura e con popolazioni che sono distanti anni luce dalla nostra cultura. Per raggiungere il campo base del Monte Illimani, che con i suoi 6.438 metri di altezza è la seconda montagna della Bolivia, si percorre un facile sentiero che risale una bellissima valle passando attraverso sperduti villaggi di pastori.
Durante
la permanenza al campo base, oltre a guardare Iniziamo la discesa con l'occhio vigile, e non appena giunti nei pressi di una casa domandiamo se è possibile mangiare un agnello. La risposta è stata affermativa, ma naturalmente non è un ristorante e di pronto non c'è nulla; andiamo quindi a scegliere direttamente l'animale da cucinare.
In men che non si dica il "prescelto" viene sgozzato e spellato per poi essere abilmente macellato e preparato alla cottura.
La parte più interessante è stata la preparazione del forno.
Vediamo il capofamiglia
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Vengono
a questo punto adagiati vari strati di cibo: dapprima una manciata di
piccole patate intere, poi un po' di agnello, altre pietre, ancora
patate e così via. La cottura è durata circa due ore e alla fine non resta che dissotterrare il tutto e, pazientemente, separare i pezzi di agnello dalla carta, operazione che viene svolta con perizia dalle due ragazze della famiglia. Nel frattempo noi iniziamo a gustarci qualche saporita patata perfettamente cotta. Quando finalmente tutto è pronto, ci trasferiamo su una specie di terrazzino dove viene messo in terra tutto il cibo (il tavolo non serve.....) e noi intorno con le sedie. L'intera famiglia è accanto a noi ma sembra non voler partecipare al banchetto. Dobbiamo insistere e passargli in mano i pezzi di carne e timidamente si uniscono a noi. D'altronde anche volendo noi, che eravamo in cinque, non saremmo riusciti a finire un agnello intero, e comunque ci sembrava giusto dividerlo con loro. Malgrado l'agnello fosse stato appena macellato, non sapeva troppo di selvatico, il sapore era buono anche se la carne era un po' asciutta; effettivamente non era stato usato alcun condimento durante la cottura. Ormai satolli decidiamo di ripartire, non prima di esserci accordati per avere con noi un mulo che portasse gli zaini. Raggiungiamo così Estancia Una, piccolo villaggio dove troveremo il mezzo che in circa tre ore di strade tanto assurde quanto stupende, ci riporterà nella città di La Paz. La città di LaPaz
Adriano Ongaro
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